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E LA TUA PAURA, CHE DICE? Riflessioni tra sicurezza e cambiamento.

Immagine del redattore: ELISA PIOPPIELISA PIOPPI


Conosco delle barche che restano nel porto per paura che le correnti le trascinino via con troppa violenza. Conosco delle barche che arrugginiscono in porto per non aver mai rischiato una vela fuori. Conosco delle barche che si dimenticano di partire hanno paura del mare a furia di invecchiare e le onde non le hanno mai portate altrove, il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare”


J. BREL


Soffia una lieve brezza sul litorale, una barca è ferma a riva. Una resistente fune e un’ancora la legano al fondale. Di tanto in tanto qualche onda la fa sobbalzare, le dà una scossa, ma complessivamente si sente al sicuro, sa di non correre rischi.

Eppure, qualche volta, quando il mare è placido e la spiaggia è desolata, la barca percepisce un lieve fremito tra le assi, forse è invidia per le altre barche che vede al largo o forse è una scintilla vitale che la invita a muoversi, ma la fune è troppo resistente.


È capitato anche a voi di sentirvi, in alcuni momenti, come la barca? Che nome ha la vostra fune?


La vita umana oscilla tra due spinte opposte: il bisogno di sentirsi al sicuro, come la barca a riva, e il desiderio di cambiamento, di uscire al largo tra le altre barche.

A tenerci fermi, a legarci con la fune al palo, troviamo la paura.

La paura è una delle emozioni fondamentali, un meccanismo geniale del quale siamo stati dotati per proteggerci dai pericoli e conservare la vita.

E’ difficile a credersi, ma la paura ci salva. E i sensi sono la nostra bussola per orientarci nell’immenso mare. Essi ci indicano la direzione dei nostri desideri e insieme con essi la paura, per quanto demonizzata, ci aiuta a realizzarli.


In che modo?

Mettendoci in allerta.

Sono molte le situazioni in cui, grazie alla paura, analizziamo bene un piano di azione e raggiungiamo l’obiettivo che ci eravamo prefissi.


Per esempio, abbiamo voglia di bere un tè caldo e il bar si trova dall’altra parte della strada in cui ci troviamo. Decidiamo quindi di attraversare la strada, automaticamente giriamo la testa a destra e sinistra per controllare che attraversando non ci siano macchine, perché lo facciamo? Per paura di essere investiti. La paura in questo caso ci permette di rimanere in vita e raggiungere il tè desiderato.


Il problema insorge nel momento in cui confondiamo l’ignoto con il pericolo, il nuovo con il rischio, l’esperienza e l’apprendimento con il fallimento. È così che la paura diventa un ostacolo e non ci permette più di realizzare i nostri desideri.

Abbiamo così paura di ciò che non conosciamo che ci accaniamo a controllare, con grande dispendio di energie, aspetti dell’esistenza che appartengono all’area dell’imprevedibilità e che, quindi, non potranno mai piegarsi al nostro controllo.


Dunque, non potendo avere certezza che il mare non sia grosso e che al largo non ci siano mostri marini, lasciamo la nostra barca a riva, finendo a osservare l’orizzonte di ciò che potrebbe essere.

Vogliamo certezze, desideriamo garanzie prime di immetterci in mare.

Se disancoriamo la barca, temiamo di poter andare incontro a un fallimento e ci convinciamo che rimanere fermi è l’unico modo per evitarlo, il fallimento.


E allora, in che modo è possibile che questa emozione che ci lega possa anche salvarci?

Attraversandola. Ascoltando quello che ci dice e, con l’esperienza di questo dialogo, creando una carta nautica, una mappa di azione.


Che cosa ci serve, quando sentiamo paura?

Rassicurazione.

Questa informazione è molto importante, perché se non c’è rassicurazione è molto probabile che la rabbia prenda il sopravvento. E che si crei un caos che ci fa smarrire.

Non affidandoci alla nostra bussola, ci perdiamo. Rimaniamo fermi, ancorati alla costa.


Avete mai pensato che così facendo state rinunciando anche alle possibilità di successo?

Avete mai pensato che per vincere bisogna giocare? E che, non giocando, avete già perso?


Attraversiamo la paura parlandole, chiedendole che cosa voglia, da che cosa sta cercando di proteggerci, pensando a un piano per rassicurarla e raggiungere un obiettivo e, infine, agendo.


E il panorama cambia, siamo più comodi e riprendiamo energie, soprattutto aumenta la fiducia in noi stessi. Quella sicurezza che ci fa dire “Si, so come prendermi cura di me, attraverso te, Paura”. Diventiamo così coraggiosi, facendo le cose a braccetto con la paura.


Domani andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire. Getterò i bagagli in mare, studierò le carte e aspetterò di sapere per dove si parte, quando si parte.E quando passerà il monsone dirò "Levate l'ancora. Diritta, avanti tutta. Questa è la rotta, questa è la direzione, questa è la decisione"

( Jovanotti, La linea d’ombra).





Dott.ssa Elisa Pioppi - Psicologa e Psicoterapeuta della Gestalt

Dott. Antonino Cascione - Psicologo e Analista Transazionale



 
 
 

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